Cristianesimo vissuto (Recensione)

CristianesimoVissuto-Pollien

Non ci si può isolare dal contesto storico in cui si vive, e ancor meno pretendere di combattere il proprio tempo. Bisogna adattarsi alle situazioni, “aggiornarsi”. È questo il refrain che circola nel mondo cattolico dall’epoca del Concilio Vaticano II.

L’esortazione Amoris laetitia è il frutto più maturo di questa mentalità che subordina la legge perenne del Vangelo al “dialogo” mutevole con il mondo. Dietro questo modo di pensare c’è una concezione del mondo immanentista che sostituisce l’ordine immutabile dei princìpi metafisici e morali con il primato del divenire, facendo dell’esperienza soggettiva dell’uomo il criterio unico della realtà.

La prassi si sostituisce al logos. Non sono i princìpi che giudicano la vita dell’uomo, ma è la concreta esperienza di vita dei singoli che valuta la verità dei princìpi. Le conseguenze sono disastrose: i rapporti prematrimoniali, il divorzio, l’aborto, l’omosessualità, facendo parte della esperienza di vita non possono essere condannati in maniera assoluta. La strada alla dissoluzione morale è aperta.

Un antidoto a questa deforme visione della vita cristiana è la lettura del capolavoro di dom Francesco di Sales Pollien Cristianesimo vissuto, appena ripubblicato in Italia dalle Edizioni Fiducia.

Dom Pollien fu un monaco certosino, nato il 1 agosto 1853 a Chèvenoz, in Savoia, e morto nel 1934 nella Certosa di Serra San Bruno in Calabria. Quando fece la sua professione religiosa nella Grande Certosa di Grenoble, assunse il nome di Francesco di Sales, un grande maestro spirituale, il cui insegnamento, insieme a quello di un altro eminente savoiardo, Joseph de Maistre, ne formò il pensiero. Dom Pollien ricoprì importanti incarichi nel proprio ordine, ma passò la vita, come tutti i certosini, immerso nella solitudine, nello studio e della preghiera. Fu autore di molti scritti, tra cui, molto celebre, La vita interiore semplificata e ricondotta al suo fondamento, edita nel 1894 sotto il nome di Joseph Tissot. Meno conosciuta ma altrettanto importante è un’altra operetta: Cristianesimo vissuto. Consigli fondamentali dedicati alle anime serie, che apparve in lingua italiana nel 1904 con una presentazione dell’economista Giuseppe Toniolo. Questo breve trattato spirituale merita di essere affiancato a L’anima di ogni apostolato (1910) del trappista dom Jean-Baptiste-Gustave Chautard, per il primato che attribuisce alla vita interiore come fondamento della vita del cristiano.

Dom Pollien vuole formare dei cristiani che si immergano nella vita del proprio tempo, con animo coraggioso e assoluta fermezza dei princìpi. La vita, quella delle piante come quella degli uomini, egli spiega, è lo svolgimento di un principio vitale. Ma per produrre e sviluppare la vita il principio ha bisogno di seguire le sue leggi. Queste leggi, diverse per le piante, per gli animali e per gli uomini, sono fisse. Chi le abbandona, e solo gli uomini possono decidere di farlo, è condannato alla autodistruzione. Gli uomini hanno una vita naturale, che è l’unione dell’anima del corpo, ma sono destinati ad una vita soprannaturale, che è l’unione dell’anima con Dio.

La gloria di Dio è il fine dell’uomo, che solo indirizzandosi a questo fine, trova la sua vera felicità. Si tratta dunque di mettere sempre Dio e la sua legge al primo posto nella vita degli uomini e dei popoli. Quando Dio è espulso dalle idee e dai costumi, l’ordine delle cose è capovolto e la società sprofonda nel caos. Gli uomini hanno dunque bisogno di princìpi e leggi morali che orientino la loro condotta. I princìpi non sono astratti. Nulla si fa senza di essi. «Si dice – scrive Dom Pollien – che mancano gli uomini; io non lo credo; sono i principii che mancano: perciò non si formano più cristiani». «Principii, principii!» (p. 157).

La fermezza nei princìpi non significa durezza nei modi con cui i princìpi si difendono. «I principii non si prestano a nessun accomodamento: sono o non sono. Quando si tratta invece di mezzi da adoperare, puoi e devi essere accomodante. La pratica deve adattarsi a tutte le situazioni, servirsi di tutto. Fermezza nei principi, dolcezza nei mezzi».

È solo sui princìpi che si può costruire la vita degli uomini e dei popoli, perché un uomo, ma anche una società, vale le idee che professa. Oggi, scrive dom Pollien, la società cristiana dev’esser rifatta; e per rifarla, la prima necessità che s’impone è quella di raddrizzare le idee. «È l’idea che fa l’uomo. Oggi non ci sono più uomini, perché non ci sono più idee, non ci sono che parole. Vuoi essere un uomo? Esci dalle parole ed abbi delle idee, cioè, delle visioni profonde sulle cose. E per aver delle visioni profonde sulle cose bisogna vederle tali e quali Dio le ha fatte e tali e quali Dio le conduce. E per vederle così, bisogna che ti collochi dal punto di vista in cui Dio vuole che tu sia: quand’uno si trova in un punto sbagliato vede falso. Dunque prima Dio e poi tu» (p. 47).

La nuova morale postconciliare sposta l’accento da Dio all’uomo, afferma che la legge del Vangelo è impraticabile e crea una frattura tra la verità e la vita cristiana. Dom Pollien invita i cristiani a ricomporre questa frattura, vivendo i princìpi cristiani nella loro integralità. Sulla medesima linea si era espresso papa Pio XII, rivolgendosi il 23 maggio 1952 alla gioventù cattolica tedesca: «la separazione fra la religione e la vita – come se Dio non esistesse affatto per la realtà dell’essere, per la professione, per l’economia, per le pubbliche istituzioni – questa separazione è, purtroppo, uno dei segni della decadenza della cultura cristiana; essa è la causa come pure l’effetto della laicizzazione». Rivolgendosi all’episcopato francese, il 6 gennaio 1945, lo steso Pio XII auspicava l’emergere di «un grande numero di persone, ferme sui principi, esattamente istruite sulla dottrina della Chiesa, dedite a far penetrare nel campo sociale, economico e giuridico il vero spirito cristiano, ad assicurare, con la loro azione civica e politica, la salvaguardia degli interessi religiosi».

Nel suo discorso del 21 gennaio 1945 alle Congregazioni Mariane di Roma, Pio XII afferma ancora: «Il tempo presente ha dunque bisogno di cattolici (…) che con lo sguardo fisso all’ideale delle virtù cristiane, della purezza, della santità, coscienti dei sacrifici che esso richiede, tendano a quell’ideale con tutte le loro forze nella vita quotidiana, sempre diritti, sempre retti, senza che le tentazioni e le seduzioni valgano a piegarli. Ecco, diletti figli e figlie, un eroismo, spesso oscuro, ma non meno prezioso e ammirabile del martirio cruento. Il tempo presente esige cattolici senza paura, per i quali sia cosa del tutto naturale il confessar apertamente la loro fede, con le parole e con gli atti, ogniqualvolta la legge di Dio e il sentimento dell’onore cristiano lo domandino. Veri uomini, uomini integri, fermi ed intrepidi! Quelli i quali non sono tali che a metà, il mondo stesso oggi li scarta, li respinge e li calpesta».

«Dio e la Chiesa – aveva scritto dom Pollien – chiedono dei difensori, ma dei veri difensori; di quelli che mai indietreggeranno di un passo; di quelli che sanno essere fedeli alla consegna, fino alla morte; di quelli che si formano a tutte le severità della disciplina, per essere pronti a tutti gli eroismi della lotta» (p. 162). L’eco di queste parole risuona ancora nei cuori. I giovani del XXI secolo non possono essere attratti dagli inviti al compromesso con il mondo delle nostre autorità ecclesiastiche, ma chiedono alla Chiesa un appello all’eroismo. Cristianesimo vissuto significa cristianesimo militante. Quando un cristiano, con l’aiuto della Grazia, conforma la propria vita ai princìpi del Vangelo e combatte per difendere questa verità, non può essere arrestato da nessun ostacolo.

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