“Europa, ravviva le tue radici!”

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Nell’ora dell’omaggio e del ricordo, la migliore testimonianza che la nostra rivista può rendere oggi a Papa Giovanni Paolo II è quella di raccoglierne l’appello, richiamandosi ad un punto centrale del suo prismatico Magistero.

Questo appello, rivolto all’Europa a Santiago di Compostella fin dal novembre 1982, con le parole “Ritrova te stessa. Sii te stessa. Riscopri le tue origini. Ravviva le tue radici”, è risuonato fino all’ultimo, con forza, decine di volte ed è all’origini stesse della nascita di “Radici Cristiane”.

Si tratta di un richiamo che invita gli individui e le nazioni d’Europa a ravvivare, con l’idea di radici, l’idea di identità, l’idea di appartenenza, l’idea di memoria: quella memoria di cui, secondo lo stesso Pontefice, è custode per eccellenza la Chiesa, con la sua Tradizione. «Che cos’è infatti la Tradizione se non l’impegno assunto dalla Chiesa di trasmettere (in latino “tradere”) il mistero di Cristo e l’insieme del suo insegnamento che essa custodisce nella sua memoria?» (Giovanni Paolo II, Memoria e identità, Rizzoli, Milano 2005, p. 176).

In questo volume, apparso un mese prima della sua scomparsa, il Papa ricorda che le radici dell’Europa sono cristiane perché «è stata l’evangelizzazione a formare l’Europa, a dare inizio alla civilizzazione dei suoi popoli ed alle loro culture» (p. 114). Non è possibile separare Cristo dalla storia di Europa. «Cristo è sempre la “pietra angolare” della costruzione e della ricostruzione delle società nell’Occidente cristiano» (p. 62).

Il rifiuto di Cristo caratterizza le “ideologie del male” del secolo XX, comunismo e nazismo, ma anche le correnti dell’anti-evangelizzazione contemporanea. «Essa colpisce le basi stesse della morale umana, coinvolgendo la famiglia e propagandone il permissivismo morale: i divorzi, l’amore libero, l’anticoncezione, la lotta contro la vita nella fase iniziale come in quella del tramonto, la sua manipolazione. Questo programma opera con enormi mezzi finanziari, non soltanto nelle singole nazioni, ma anche su scala mondiale. Può infatti disporre di grandi centri di potere economico, mediante i quali tenta di imporre le proprie condizioni ai Paesi in via di sviluppo. Dinanzi a tutto ciò, si può legittimamente domandare se non sia questa un’altra forma di totalitarismo subdolamente celato sotto le apparenze della democrazia» (pp. 62-63).

Fu un Parlamento regolarmente eletto, ricorda ancora Papa Wojtila, ad acconsentire alla chiamata di Hitler al potere nella Germania degli anni Trenta e ad aprirgli la strada per l’invasione dell’Europa e l’organizzazione dei campi di concentramento.

Basta rammentare questi eventi per comprendere che la legge stabilita dall’uomo ha limiti precisi, che non può valicare. «La Legge divina del Decalogo ha valore vincolante come legge di natura anche per coloro che non accettano la Rivelazione: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, onora tuo padre e tua madre (…) La legge stabilita dall’uomo, dai parlamenti, e da ogni altra istanza legislativa umana – ribadisce con chiarezza il Papa citando san Tommaso – non può essere in contraddizione con la legge di natura cioè, in definitiva, con l’eterna legge di Dio» (pp. 160-161).

Le ideologie del male, secondo Giovanni Paolo II, «sono profondamente radicate nella storia del pensiero filosofico europeo», secondo una linea che dal cogito cartesiano, attraverso l’illuminismo, arriva al totalitarismo nazi-comunista e al relativismo contemporaneo. Per combatterle occorre innanzitutto restituire una dimensione religiosa all’Europa, rivitalizzando le radici cristiane che l’hanno originata.

Si tratta di quella dimensione verticale della storia d’Europa che rimanda alla concezione racchiusa nel libro della Genesi, quando il Signore dice: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe; questa ti schiaccerà la testa, e tu le insidierai il calcagno» (Gen. 3, 15). «È uno schema sintetico nel quale tuttavia viene detto tutto. La promessa della salvezza è qui contenuta ed è già possibile intravedere la storia dell’umanità, sino all’Apocalisse» (p. 182).

Queste parole, che concludono l’ultimo libro del Pontefice, ci offrono forse una chiave per avvicinarci alla profezia, ancora incompiuta, di Fatima, che tanto misteriosamente si intreccia con la vita e con la morte di Giovanni Paolo II.

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