Il prossimo Sinodo dei vescovi, indetto da Papa Francesco, si svolgerà dal 15 al 19 ottobre 2014, sul tema Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione. Le polemiche seguite al discorso tenuto il 20 febbraio scorso, in Concistoro, dal cardinale Walter Kasper in tema di divorziati risposati, lasciano prevedere che sarà probabilmente un campo di battaglia, che vedrà confrontarsi diverse concezioni della famiglia, della Chiesa e della società.
In vista di questo Sinodo è stato inviato alle diocesi di tutto il mondo un “Questionario preparatorio”, di cui conosciamo almeno in parte il risultato.
Il 3 febbraio la Conferenza Episcopale tedesca ha diffuso un riassunto delle risposte ad essa pervenute dalle 27 diocesi e arcidiocesi della Germania. Da questo riassunto, pubblicato da “Il Regno Documenti” (n. 5 [2014], pp. 162-172) emerge che «trovano pochissimi consensi o vengono prevalentemente rifiutate in modo esplicito le affermazioni della Chiesa sui rapporti sessuali prematrimoniali, l’omosessualità, i divorziati risposati e il controllo delle nascite» (p. 163) e «viene unanimemente constatato che la ‘convivenza prematrimoniale’ non è solo un’importante, bensì quasi capillare realtà pastorale. Quasi tutte le coppie che chiedono un matrimonio religioso convivono già da diversi anni. Le stime vanno tra il 90% e il 100%» (p. 167).
I vescovi tedeschi si limitano a registrare questa drammatica situazione senza nessuna nota di biasimo, precisando che la convivenza viene considerata dai cattolici delle loro diocesi «come un normale stadio preliminare del matrimonio» (p. 167). Aggiungono poi che «i separati e i divorziati risposati sono diventati una parte della normale realtà pastorale tedesca» (p.167).
I presuli concludono affermando che «bisogna superare la morale del divieto e prevedere le benedizioni per le unioni di fatto anche se distinte dalla celebrazione dei sacramenti» (p. 172). «Le risposte pervenute dalle diocesi lasciano intravedere quanto è grande la distanza tra i battezzati e la dottrina ufficiale soprattutto per quanto riguarda la convivenza prematrimoniale, il controllo delle nascite e l’omosessualità» (p. 172).
Questo concetto costituisce anche il cardine della relazione del discusso intervento del cardinale Kasper al Concistoro: il cardinale Kasper ha proposto infatti al Sinodo dei vescovi e al Papa di legittimare sul piano canonico e dottrinale la prassi dell’amministrazione della Comunione ai divorziati risposati, partendo dal principio secondo cui «tra la dottrina della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia e le convinzioni vissute di molti cristiani si è creato un abisso».
La tesi è la stessa dei suoi confratelli tedeschi: poiché esiste una abissale distanza tra la dottrina della Chiesa e il comportamento dei cattolici, bisognerà adeguare la dottrina alla prassi piuttosto che rettificare il comportamento secondo gli immutabili princìpi morali della Chiesa. La morale, se ne deduce, non è assoluta e universale, ma mutevole e adattabile alle circostanze. I Pastori dovranno scrutare i “segni dei tempi”, per aggiornarsi e ispirare a questo aggiornamento la loro pastorale, rinunziando a contrapporsi alle idee ed ai costumi dei lori tempi.
Purtroppo, anche se la posizione del card. Kasper rimarrà al Sinodo minoritaria, da essa trarrà pretesto una larga massa di cattolici per persistere in un modo di vivere che abbandona la tradizione di vita della Chiesa, per immergersi nel mondo secolarizzato del nostro tempo. Ma chi vive un’unione sessuale stabile al di fuori del matrimonio, continuando ad accedere ai Sacramenti, si trova in una situazione, non solo di peccato, ma di separazione dalla prassi tradizionale della Chiesa e dunque in una condizione di oggettivo scisma, anche se non dichiarato.
Il cardinale Velasio de Paolis è uno degli illustri porporati che negli ultimi mesi sono intervenuti nel dibattito per dissipare la confusione e ribadire con chiarezza la dottrina e la prassi della Chiesa. Nella prolusione con cui lo scorso 27 marzo ha inaugurato il nuovo anno giudiziario del tribunale ecclesiastico regionale dell’Umbria, intitolata I divorziati risposati e i Sacramenti dell’Eucarestia e della Penitenza, dopo aver metodicamente smontato le tesi del card. Kasper, ha così concluso:
«La Chiesa è una comunità soprannaturale nella sua natura, nei suoi fini e nei mezzi. Essa dipende in modo decisivo dalla grazia, secondo le parole del Fondatore: “Senza di me non potete fare nulla” (Gv. 15, 8). Tutto è possibile a Dio. La Chiesa ne è consapevole. Essa non è una potenza che si sostiene con i mezzi umani. Per di più essa non ha una sapienza frutto di intelligenze di uomini; la sua è sapienza della croce, nascosta nel segreto di Dio e tenuta nascosta alla sapienza umana. La sua verità non è di facile accesso e accettazione da parte di una cultura che è puro frutto di intelligenza umana. Si tratta di affermazioni che in modo particolare si scontrano con la cultura illuministica, scientista e positivistica secolarizzata del mondo di oggi.
Nel lodevole tentativo di dialogare con la cultura moderna, la Chiesa corre il rischio di mettere tra parentesi proprio le realtà che le sono proprie e specifiche ossia la verità divina e di adattarsi al mondo. Certo, non negando le proprie verità, ma non proponendola o esitando a proporre ideali di vita che sono concepibili e praticabili solo alla luce della fede ed attuabili solo con la grazia. La Chiesa corre il rischio di annacquare il suo messaggio più vero e più profondo per paura di essere rifiutata dalla cultura moderna o per farsi accogliere da essa. Certamente la Chiesa ha bisogno sempre, ma particolarmente nei momenti difficili di credere a ciò che umanamente è impossibile. Così essa mette in luce la sua natura divina e trasmette il suo messaggio di salvezza dell’uomo. La Chiesa, pur dovendo tener conto della cultura e dei tempi che cambiano, non può non annunciare Cristo che è sempre lo stesso, ieri oggi e sempre (Eb. 13,8)!».
Le parole del cardinale de Paolis rimandano a quelle di Pio XII, che nel Discorso del 12 settembre 1948 alla Gioventù di Azione cattolica affermava:
«Voi conoscete, diletti figli, i misteriosi cavalieri di cui parla l’Apocalisse. Il secondo, il terzo e il quarto sono la guerra, la fame e la morte. Chi è il primo cavaliere sul bianco destriero? «Su questo sedeva uno che aveva un arco e fu data a lui una corona ed egli uscì da vincitore» (6, 2). È Gesù Cristo. Il veggente Evangelista non mirò soltanto le rovine cagionate dal peccato, guerra, fame e morte; egli vide anche in primo luogo la vittoria di Cristo. Ed invero il cammino della Chiesa attraverso i secoli è bensì una via crucis, ma è anche in ogni tempo una marcia di trionfo. La Chiesa di Cristo, gli uomini della fede e dell’amore cristiano, sono sempre quelli che all’umanità senza speranza portano la luce, la redenzione e la pace. Iesus Christus heri et hodie, ipse et in saecula (Hebr. 13, 8). Cristo è la vostra guida, di vittoria in vittoria. Seguitelo».
Ancorandoci alla Tradizione e seguendo l’insegnamento di Gesù Cristo, che non muta ed è sempre lo stesso ieri oggi e sempre, supereremo le tempeste del nostro tempo e raggiungeremo la vittoria, nel tempo e nell’eternità.