“La Chiesa è viva!” ha affermato con forza Benedetto XVI nella sua prima Messa pontificale in San Pietro il 24 aprile 2005. “E la Chiesa è giovane – ha aggiunto. – Essa porta in sé il futuro del mondo e perciò mostra anche a ciascuno di noi la via verso il futuro”.
Il Papa ha ragione. La Chiesa è viva perché non invecchia, non appassisce, non muore: è sempre giovane perché è una sorgente di Verità e di Vita che non inaridisce. È giovane e viva perché la sua Parola è eterna e il messaggio di Salvezza di cui è portatrice non muta. La Chiesa non invecchia perché è e sarà quella che fu fin dal giorno della sua nascita: in continuo rinnovamento, ma identica a se stessa. «Fino a tanto che nasce e tramonta il sole – scrive sant’Agostino – ella durerà» (Enarratio in Psalmos, 71, n. 8). «Ella è più alta del cielo, più vasta della terra. Non invecchia mai, ma è sempre giovane», afferma san Giovanni Crisostomo (Hom. De capto Entropio, n. 6).
La vita della Chiesa è anche il mistero di una realtà al tempo stesso mortale, per l’umanità delle membra di cui si compone, ma eterna per la divinità della sua origine e del suo fine. Ciò che afferma Benedetto XVI non è diverso da quanto Pio XII proclamava nel Radio-messaggio del 13 maggio 1942: “La giovinezza della Chiesa è eterna perché la Chiesa non invecchia, mutando il passo secondo le condizioni del tempo, nel suo cammino verso l’eternità: i secoli che conta sono per lei un giorno, come sono un giorno i secoli che aspetta”. “La Chiesa è sempre giovane” ripeteva papa Pacelli nel suo Discorso agli uomini di Azione Cattolica del 7 settembre 1947. Essa infatti “vive di vita indistruttibile e ritrova sempre di nuovo il suo vigore giovanile, secondo la volontà e con la Grazia di Colui che sta al suo fianco fino alla consumazione dei secoli”.
Ma la giovinezza della Chiesa, secondo Pio XII, si manifesta specialmente nel dolore. «Essa è “Sposa di sangue” (Ef, 4, 25). Nel sangue sono i suoi figli, i suoi ministri, calunniati, imprigionati, uccisi, sgozzati. Chi avrebbe mai creduto possibile, in questo secolo ventesimo – dopo tanti progressi di civiltà, dopo tante affermazioni di libertà –, tante oppressioni, tante persecuzioni, tante violenze? Ma la Chiesa non teme. Essa vuole essere Sposa di sangue e di dolore, per ritrarre in sé l’immagine del suo sposo divino, per soffrire, per combattere, per trionfare con lui».
L’immagine della Chiesa “Sposa di sangue e di dolore” è impressa a fuoco nel Novecento. Nel suo testamento, Giovanni Paolo II la ritrasmette al XXI secolo con queste parole: «La Chiesa si trova in un periodo di persecuzione tale, da non essere inferiore a quelle dei primi secoli, anzi li supera per il grado della spietatezza e dell’odio. Sanguis martyrum – semen christianorum».
Benedetto XVI riprende il concetto fin dall’inizio del suo pontificato, ricordando, come ha fatto il 25 aprile 2005 nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, che “è lecito attendersi una rinnovata fioritura della Chiesa” perché “il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”.
La fonte della giovinezza della Chiesa è nel sangue dei suoi membri. La vecchiaia della società moderna sta nella sua incapacità di vivere la Verità, di versare il sangue per essa. La Chiesa è feconda perché nelle sue membra circola il Sangue di Cristo che sgorga dal Sacrificio del Calvario. La società moderna è sterile, come le unioni che pretende di legalizzare, perché ha voluto recidere le proprie radici cristiane e le proprie vene spirituali e oggi muore dissanguata.
La malattia della società moderna è il relativismo, ossia il radicale rifiuto della Verità, e con esso della Vita. Questo itinerario al suicidio ha il suo germe nel processo di secolarizzazione che nel corso dei secoli ha infranto l’unione tra la società umana e il suo fondamento divino. Secolarizzazione è sinonimo di “separazione”. Separazione della ragione dalla fede, dell’ordine naturale da quello soprannaturale, della politica dalla morale, dell’uomo da Dio.
L’esito ultimo di questo processo è il nichilismo, ovvero l’atteggiamento di chi si separa radicalmente da ogni principio e verità per abbracciare, se possibile, l’abisso del nulla, che è la non-vita, l’assenza di tutto, la privazione totale. Si avvera in tal modo la sinistra profezia di Nietzsche, nella Volontà di potenza, secondo cui il nichilismo sarebbe stato il destino dell’Occidente.
Il nichilismo si combatte riscoprendo la trama unitaria dell’universo, restituendo valore e significato a tutto ciò che esiste e innanzitutto alle radici cristiane della società, al sistema di valori naturale e cristiano su cui essa si regge. «Sono i princìpi che reggono il mondo – osservava Ernest Hello – e il mondo intanto non sa chi lo regge».
Solo la Chiesa, che non muore, può fecondare e rivitalizzare il poco tessuto sociale che ancora sopravvive in una società che si decompone. Benedetto XVI, Vicario di Cristo e capo visibile della Chiesa, è oggi la maggior ragione di fiducia nel nostro futuro. Questa fiducia egli non la ripone nelle proprie forze, ma in quelle di Colui che ha detto di sé: «Io sono la Via, la Verità, la Vita».