Una prima considerazione sorge spontanea davanti all’impressionante spettacolo delle esequie di Giovanni Paolo II. Né la personalità straordinaria del Pontefice polacco, né l’effetto amplificatore dei mass-media nell’età planetaria, sono sufficienti a spiegare le ragioni profonde di un omaggio funebre così vasto e corale. La verità è che dietro la grandezza dell’uomo Karol Wojtyla giganteggia l’istituzione da lui rappresentata: il Pontificato romano.
Il Papato è più grande della personalità di qualsiasi Papa perché, se così non fosse, i funerali di un Pontefice, sia pur straordinario, sarebbero i funerali della Chiesa. La persona del Papa è destinata a conoscere la morte, ma l’istituzione della Chiesa è immortale e indefettibile. Giovanni Paolo II, per quanto “grande”, è stato un “Vicario”. I semplici e i potenti che si sono inginocchiati davanti alle sue spoglie mortali hanno venerato, anche se inconsapevolmente, ciò che egli, come Papa, rappresentava.
Il Papa infatti è il rappresentante in terra di Gesù Cristo. Prima di essere una persona privata, egli è una persona pubblica; prima di essere un uomo, è un’istituzione; prima di essere il Papa, è il Papato in cui si riassume e si concentra la Chiesa.
Il Papa è il Vicario di Cristo, investito dei suoi titoli e dei suoi poteri, erede del Primato romano, ossia dotato del supremo potere di governo della Chiesa.
Il Papa è tale perché governa la Chiesa; questa e non altra è la missione divina che san Pietro e i suoi successori hanno ricevuto da Gesù Cristo. La santità di un Papa, in questo senso, non può essere altro che la perfetta attuazione dello specifico mandato a Lui assegnato da Cristo: pascere, reggere e governare la Chiesa a lui affidata.
Vogliamo affermarlo in un momento in cui non manca chi propone di “ripensare” il modo di esercitare il Primato romano, attraverso una “riforma” del Papato che sfigurerebbe la divina Costituzione della Chiesa.
Il primo appello che, come semplici fedeli, rivolgiamo al prossimo Papa è quello di usare con pienezza il suo potere di governo, che non gli deriva dalla consacrazione episcopale, ma direttamente dalla sua elezione pontificia, che non nasce dal basso, ma è di diritto divino e comporta una autorità piena e universale, indipendente da ogni altra autorità e giurisdizione nel mondo.
Il tempo che attraversiamo ricorda l’epoca in cui l’Impero Romano si sgretolava, ma sulle sue rovine, iniziava a formarsi la grande civiltà cristiana del Medioevo. In quell’epoca tempestosa, il Papato rappresentò il solo elemento di coesione sociale, il solo vincolo che tenne unita la società e la salvò dal caos. Lo stesso ruolo provvidenziale può svolgere il Vicario di Cristo nel caos contemporaneo.
“Cristo – ha affermato Giovanni Paolo II – è sempre la “pietra angolare” della costruzione e della ricostruzione delle società nell’Occidente cristiano”. Il Papa, Vicario di Cristo, costituisce ancora la pietra e il fondamento attorno a cui una società può essere riedificata. Ciò vale soprattutto in un’epoca in cui il principale nemico della Chiesa e della società umana appare il relativismo dissolvitore di ogni legge e di ogni regola morale.
Di fronte a questo nichilismo culturale e morale, chiediamo al nuovo Papa di governare con fermezza la Chiesa, soprattutto attraverso il suo Magistero, chiarendo, e se necessario definendo, tutti i punti controversi che riguardano la fede ed i costumi del nostro tempo. Chiediamo al nuovo Papa di definire ciò che è vero e ciò che è falso, ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, impugnando senza timore e senza esitazione la spada a due tagli della verità (Eb. 4, 12).
La missione universale della Chiesa è stata negata da un processo plurisecolare di scristianizzazione della società culminato nei totalitarismi del secolo XX. Le radici del totalitarismo stanno in un relativismo culturale che oggi prende sempre di più l’aspetto di un laicismo aggressivo e persecutore.
Non c’è solo un totalitarismo comunista che proibisce il Crocifisso come simbolo dell’oppio dei popoli; non c’è solo un totalitarismo islamico che proibisce il Crocifisso come espressione di blasfemia; c’è anche un totalitarismo laico, che ha orrore del nome stesso di Cristianesimo, fino a rifiutarsi di evocarlo, anche solo sul piano storico, nel preambolo di una Costituzione.
Ciò che è piu terribile è il fatto che questo relativismo trova complici all’interno della stessa Chiesa, che appare talvolta, secondo le parole usate dal cardinale Ratzinger nella illuminante Via Crucis del 25 marzo, come “una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti”.
L’ultimo scorcio di pontificato di Giovanni Paolo II è stato accompagnato da una sofferenza fisica del Pontefice, intensa e visibile, che ha ricordato a molti la sofferenza spirituale e morale, invisibile ma non meno intensa, del Corpo Mistico di Cristo.
«La Chiesa si trova in un momento di persecuzione tale da non essere inferiore a quella dei primi secoli, anzi li supera per il grado di spietatezza e di odio. Sanguis martyrum-semen christianorum». Fu lo stesso Giovanni Paolo II a scrivere queste parole nella Quaresima del 1980.
“Sanguis martyrum-semen christianorum”. Dal sangue dei martiri nacque nei primi secoli la Civiltà cristiana che è anche, come ben ricordava san Pio X, l’unica civiltà veramente umana. Dal coraggio e dalla fermezza con cui i cattolici sapranno testimoniare pubblicamente la propria fede, germoglierà l’inevitabile rinascita religiosa e culturale del secolo XXI.