Secondo quanto riportato da Times of Malta del 4 dicembre, il presidente della Repubblica di Malta, George Vella, avrebbe confidato a persone a lui vicine di stare seriamente pensando alle dimissioni in caso di depenalizzazione dell’aborto nel suo Paese. Questo caso rimanda all’abdicazione per un giorno, del re Baldovino del Belgio, avvenuta il 4 aprile 1990, per non firmare l’introduzione della legge sull’aborto (https://www.nytimes.com/1990/04/05/world/belgian-king-unable-to-sign-abortion-law-takes-day-off.html), ma ricorda anche il caso del presidente del Consiglio italiano Giulio Andreotti e del presidente della Repubblica Giovanni Leone che, pur essendo personalmente contrari all’aborto, firmarono, come “atto dovuto”, la legge approvata dal Parlamento italiano il 22 maggio 1978.
Andreotti tentò di giustificarsi, annotando sul suo diario, il 21 gennaio 1977: «Seduta a Montecitorio per il voto sull’aborto. Passa con 310 a favore e 296 contro. Mi sono posto il problema della controfirma a questa legge (lo ha anche Leone per la firma) ma se mi rifiutassi non solo apriremmo una crisi appena (dopo aver?) cominciato a turare le falle, ma oltre a subire la legge sull’aborto la Dc perderebbe anche la presidenza e sarebbe davvero più grave» (Diari 1976-1979. Gli anni della solidarietà, Rizzoli, Milano 1981, pp. 73). La perdita della presidenza di un governo apparve dunque ad Andreotti più grave della responsabilità morale di sottoscrivere una legge che, decretando la sentenza di morte per l’innocente, calpestava quella legge naturale e divina che egli onorava assistendo ogni mattina alla Santa Messa nella basilica di San Giovanni dei Fiorentini. «La giornata più nera della mia vita è stata quella in cui ho firmato la legge sull’aborto», confessò Andreotti il 22 agosto 2001, parlando al meeting di Rimini. Il giornalista Renato Farina ha scritto che, parlando con lui, Andreotti «si disse profondamente pentito di aver avallato una legge genocida. Lo ammise anche in pubblico. Mi confidò che riteneva le accuse di mafia e altri attacchi da lui in coscienza ritenuti ingiusti, una pena in vita di quel tradimento» (su Tempi, 10 maggio 2013).
Non sappiamo se la Regina Elisabetta II, morta l’8 settembre 2022, abbia avuto gli stessi scrupoli del presidente Andreotti. Un mese dopo la sua morte, il 27 ottobre 2022 segna il 55esimo anniversario dell’Abortion Act (27 ottobre 1967) che ricevette il Royal Assent della Regina il 28 aprile 1968. Da allora, 10,021,618 bambini non nati hanno perso le loro vita a causa dell’aborto in Inghilterra, Galles e Scozia.
Ho espresso la mia ammirazione per la figura della Regina Elisabetta e per la bellezza dei suoi funerali che ci hanno offerto uno straordinario riflesso della sacralità delle cerimonie cattoliche del Medioevo (https://www.corrispondenzaromana.it/i-funerali-di-elisabetta-ii-e-lincoronazione-di-carlo-iii-bagliori-di-sacralita-nelleta-della-secolarizzazione/), ma non posso dar torto a quei cattolici inglesi che ricordano come il Royal Assent dato all’Abortion act pesi come una macchia indelebile sulla sua memoria.
Agli articoli che hanno dedicato a questo tema Theo Howard, il 23 settembre 2022, su OnePeterFive (https://onepeterfive.com/queen-elizabeth-great-silence/) e Alan Fimister, il 12 ottobre seguente su Rorate Coeli (https://voiceofthefamily.com/to-god-alone-be-the-honour-and-the-glory/) hanno risposto, il 12 novembre su Rorate Coeli James Bogle (https://rorate-caeli.blogspot.com/2022/11/james-bogle-was-queen-elizabeth-to.html) e il 29 novembre, su OnePeterFive, James Bogle e Sebastian Morello (https://onepeterfive.com/monarchy-british-constitution/) difendendo l’operato della Regina.
Il problema però ha una portata che va al di là del Regno Unito e va trattato sulla base di considerazioni morali che devono precedere quelle politiche e giuridiche. Le circostanze di un atto e le sue conseguenze storiche non possono mutare la dottrina morale tradizionale che condanna ogni forma di cooperazione diretta ad una norma contraria alla legge divina e naturale. La Regina Elisabetta, capo della Church of England, era al di sopra di questa legge?
E’ vero che la Regina non aveva il potere di impedire l’Abortion Bill, ma nessuno avrebbe potuto obbligarla a dare il Suo Assenso ad un atto contrario alla sua coscienza. Per questo condividiamo e riproduciamo, in nostra traduzione italiana, l’articolo del filosofo inglese Alan Fimister apparso il 30 novembre su Voice of the Family (https://voiceofthefamily.com/absolutely-null-and-utterly-void/)