Le nuove regole sul green pass, che di fatto spingono alla vaccinazione, pongono dei problemi e io cercherò di dare una risposta a qualcuno di essi, alla luce dell’insegnamento morale di sant’ Alfonso Maria de’ Liguori, Dottore della Chiesa e patrono dei moralisti cattolici.
La larga maggioranza degli italiani, oltre il 70% è vaccinata, con una o due dosi. Una minoranza non lo è, o perché irriducibilmente contraria al vaccino, per varie ragioni, oppure – e sono i più – perché è perplessa di fronte alla scelta.
Con coloro che sono irriducibili per principio, il dialogo evidentemente non è possibile. E’ possibile invece confrontarsi con i perplessi, con gli indecisi.
Le cause della perplessità possono ridursi a due. La prima è un sentimento di paura di fronte alla possibilità di effetti collaterali nocivi del vaccino, a breve o lungo termine. La paura impedisce la scelta, ma l’assenza di una scelta, in questo caso, è anch’essa una scelta: la scelta, di fatto, di non vaccinarsi. Non mi vaccino perché temo che i rischi che assumo vaccinandomi, siano maggiori dei benefici che mi porta il vaccino proteggendomi dal Covid. E’ l’applicazione al campo morale del principio giuridico di precauzione caro agli ecologisti secondo cui non bisogna agire a meno che che non si abbia la dimostrazione che l’azione non sia nociva. Un principio che capovolge quello tradizionale, secondo cui bisogna agire, a meno che non ci sia la dimostrazione che l’azione sia nociva. Questa indecisione si fonda su di un sentimento irrazionale, la paura e l’unico modo per vincerlo è usare la ragione per analizzare il problema e alla luce del ragionamento fare la propria scelta. L’analisi della questione si deve basare su di un confronto dei dati scientifici a disposizione, partendo dal presupposto che la scienza non offre mai certezze assolute e che la scelta comporterà sempre l’assunzione di un rischio. Ma è sull’assunzione del rischio che si è basata la storia dell’autentico progresso umano.
C’è però un’altra porzione di indecisi: quelli che non si vaccinano perché temono di compiere un illecito morale, considerata la possibile remota utilizzazione di cellule fetali nel vaccino. Non mi riferisco evidentemente a quelli che sono fermamente convinti di questa posizione di rifiuto, ma a coloro che hanno letto, parlato, ragionato, ma non riescono a farsi un’idea chiara sulla scelta migliore. La loro coscienza è perplessa. Ed è’ soprattutto in questo caso che la teologia morale di sant’Alfonso de’ Liguori ci offre la risposta.
Secondo la dottrina di sant’Alfonso, la morale è la scienza che stabilisce le norme che regolano gli atti umani. L’uomo, nelle sue azioni, deve sempre fare riferimento a una norma da seguire. La suprema autorità nel campo delle leggi morali è la Chiesa, che con il suo insegnamento ci propone le norme a cui uniformare la nostra condotta. Se c’è una legge chiara della Chiesa dobbiamo seguirla, se la legge manca abbiamo piena libertà di azione. Però nessun’altra autorità può sostituirsi alla Chiesa, che è una società visibile e ha una sua gerarchia, alla cui sommità è il Papa.
Nel caso in questione esiste una norma, promulgata dalla Congregazione della Dottrina della Fede che autorizza l’uso dei vaccini contro il Covid. Questa legge non impone il vaccino, ma ne afferma la liceità morale. Un dissenso in coscienza sarebbe possibile se le norme promulgate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede fossero in contrasto con altre norme della Chiesa promulgate sullo stesso tema in precedenza. E’ questa contraddizione che, ad esempio, rende lecita la resistenza all’Esortazione Amoris laetitia. Ma nel caso dei vaccini non esiste alcuna norma antecedente in contrasto con la dichiarazione del dicembre 2020 della Dottrina per la Fede. E’ lecito dunque vaccinarsi o non vaccinarsi, ma non è lecito al cattolico affermare l’illeceità morale del vaccino.
Chi si vaccina segue l’insegnamento della Chiesa e non ha problemi morali. Chi però, fosse convinto che vaccinarsi sia un peccato, anche se la Chiesa non lo insegna, ha l’obbligo morale di seguire la propria coscienza anche se erronea. Se dunque costui, cedendo alle circostanze, si vaccinasse, agendo contro la propria coscienza, commetterebbe un peccato.
In conclusione: chi è incerto, non ha nessuna ragione morale per non vaccinarsi, perché non esiste legge morale che gli imponga di non farlo.
I vescovi e i sacerdoti che definiscono immorale la vaccinazione contraddicono, di principio e di fatto, l’insegnamento della Chiesa e si assumono gravi responsabilità per la propria anima e per quelle dei fedeli che a loro fanno riferimento.