Vaccini e liceità morale

vaccino

Un tema molto dibattuto negli ultimi mesi è quello della liceità morale dei vaccini anti-Covid. C’è chi ritiene che essi siano la conclusione di un processo, che inizia con l’uccisione dei nascituri e prosegue con l’utilizzazione e la commercializzazione di medicinali e vaccini provenienti da queste cellule. Queste fasi costituirebbero una catena di crimini, che non si possono separare l’uno dall’altro e con cui non si può collaborare. Il crimine di aborto è così mostruoso, che qualsiasi tipo di concatenazione con questo crimine, anche se molto remoto, è immorale.

La logica di questa tesi è solo apparente, perché stabilisce una concatenazione di cause ed effetti, che esiste sul piano storico, ma non esiste sul piano morale, dove ogni atto va giudicato nelle sue dirette e immediate conseguenze, non nei suoi rapporti storici, anche se stretti. Ad esempio: vi è certamente un nesso storico tra l’approvazione, in Italia, delle leggi sul divorzio (1970) e sull’aborto (1978). La cultura, che sta a monte di queste due fasi di degrado morale, è la medesima. Ma sul piano del giudizio morale, l’atto della promulgazione della prima legge va distinto dall’atto di promulgazione della seconda. Diversi sono gli atti compiuti, diversi gli autori di questi atti, diversi i complici, diversi i gradi di responsabilità. Non si possono attribuire le medesime responsabilità a situazioni morali differenziate.

L’omicidio dei nascituri, l’utilizzo delle loro cellule per la produzione di vaccini e infine la vaccinazione sono fasi legate tra di loro da una sequenza storica, ma questa concatenazione non implica una causalità morale. Sul piano morale infatti, vige il principio della responsabilità personale, secondo cui ogni atto libero è imputabile al soggetto che lo realizza, che pertanto ne risponde, ma si è responsabili solo delle proprie azioni e non di quelle degli altri, se non nella misura in cui le si approvi o si cooperi con queste azioni.

Sant’Alfonso Maria de’ Liguori e tanti altri moralisti dopo di lui hanno trattato il principio della cooperazione al male, distinguendo tra una cooperazione formale e una cooperazione materiale. La prima è sempre illecita, perché il soggetto vuole il male a cui coopera. La seconda può essere talvolta lecita, se chi coopera al male lo fa materialmente, senza condividerlo, ma obbligato da gravi circostanze.

Il classico esempio di cooperazione fatto dai moralisti è quello di chi tiene la scala al ladro. Egli coopera formalmente o materialmente al furto, a seconda che l’aiuto che offre sia volontario o sia imposto, ad esempio, dalla minaccia di morte. In questo caso la cooperazione sarebbe lecita, perché è priva della libera adesione della volontà.

Ma la cooperazione a questo furto, formale o materiale che sia, riguarda il presente e non il passato: è concomitante all’atto. Dal punto di vista morale la cooperazione con il male del passato può avvenire solo quando ci sia un’adesione intenzionale, dell’intelligenza e della volontà, a quel male. Ci troveremmo in questo caso di fronte ad una cooperazione formale, diversa da quella materiale, impossibile a causa della distanza temporale dall’evento.

Torniamo, per un esempio, alla legge 194 sull’aborto. L’approvazione giuridica della legge, nel 1978, fu un atto gravemente immorale. I responsabili della legge 194, sul piano formale e materiale, furono quelli che la approvarono in Parlamento e la promulgarono come legge dello Stato. Questa cooperazione formale oggi viene fatta propria da tutti coloro che nelle intenzioni, nelle parole e negli atti, approvano quella legge, indipendentemente dal fatto di ricorrere ad essa. Chi poi vi ricorre per abortire cade in un peccato nuovo e diverso, anche se direttamente collegato con quello.

Nel caso invece dei vaccini anti-Covid-19, il vaccinatore e il vaccinato non cooperano in alcun modo agli atti di chi ha abortito o ha illecitamente utilizzato le cellule provenienti da un feto abortito. Essi si appropriano degli esiti prodotti da quell’atto iniquo per trarne vantaggio. E trarre beneficio dall’azione cattiva di qualcun altro non è necessariamente una cooperazione formale al male.

Il professor Stephan Kampowski, che ha dedicato un interessante saggio a questo tema, osserva che «per eseguire un aborto, un medico abortista ha bisogno del bisturi fornito dall’infermiera e, in modo molto più remoto, ha bisogno anche del cibo, fornito dal cuoco. Il medico abortista, che nel 1972 ha provocato l’aborto del feto le cui cellule staminali renali sono state poi utilizzate per produrre la linea cellulare HEK-293, non ha bisogno del mio farmi vaccinare oggi. Il fatto che io mi faccia vaccinare non fornisce alcuna condizione materiale per la sua azione, la quale con ciò non diventa né più facile, né più difficile. Il passato non può essere cambiato. Nessuno oggi può contribuire all’esecuzione dell’azione passata di qualcun altro più di quanto possa impedirlo. Si può naturalmente obiettare e dire che si collabora incoraggiando una pratica malvagia presente o futura o dando l’impressione di approvarla».

Chi si vaccina, non condivide certamente l’intenzione di chi, molto tempo prima, ha commesso un aborto, né, a maggior ragione, concorre con l’atto del vaccino a quell’omicidio. Dunque non compie un’azione immorale e non coopera né formalmente né materialmente a un’azione immorale compiuta nel passato da altri.

La vaccinazione fa parte di una catena di eventi, che hanno tra loro un rapporto storico, ma non morale. Pertanto, come ha affermato la Congregazione per la Dottrina della Fede, in un documento del 21 dicembre 2020, «quando non sono disponibili vaccini contro il Covid-19 eticamente ineccepibili (ad esempio in Paesi dove non vengono messi a disposizione dei medici e dei pazienti vaccini senza problemi etici o in cui la loro distribuzione è più difficile a causa di particolari condizioni di conservazione e trasporto o quando si distribuiscono vari tipi di vaccino nello stesso Paese, ma, da parte delle autorità sanitarie, non si permette ai cittadini la scelta del vaccino da farsi inoculare) è moralmente accettabile utilizzare i vaccini anti-Covid-19 che hanno usato linee cellulari provenienti da feti abortiti nel loro processo di ricerca e produzione».

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